Ho passato lo scorso finesettimana in una casa di parenti di mia moglie. Un posto un po' isolato dal mondo, senza computer, senza internet, con poca copertura del telefonino. Anche la tv prendeva pochi canali, solo la rai e poco altro. Il tempo non era dei migliori e così passavo da un canale all'altro cercando un programma meno monotono del precedente, e tra un sorso di birra e una castagna arrostita sul camino mi sono soffermato su "Radio Capital TV". "Che strano" pensai, non la prendo neanche in città: Tutti videoclip musicali, tantissimi degli anni '70 e '80, con quelle immagini un po' sbiadite e quegli effetti speciali che oggi fanno sorridere davanti a tanta semplice ingenuità...
E guardando quelle immagini, ascoltando quella musica mi sono chiesto se non si stesse meglio in quel periodo. Voglio dire, a cavallo tra i 70 e gli 80, ve li ricordate? Non c'era internet, il computer lo usavano alla Nasa o comunque pochissime ditte lo avevano in ufficio. Niente stampanti (si usava la Olivetti a nastro), niente telefonino, si chiamava dalla cabina a gettoni. La tv era perlopiù in bianco e nero e non tutti l'avevano in casa. Si girava su macchine tipo la 127 o la 131 (rigorosamente a benzina, il diesel era solo per i trattori), ci si dava appuntamento in piazza, o "al muretto" e ci si andava col Ciao o col Garelli, i più fortunati in Vespa o col Cagiva (SST125). Ci si telefonava a casa, e quando qualcuno chiamava la morosa, la linea restava occupata per ore (con buona pace di chi aveva condiviso la "duplex").
Quando il figo del quartiere arrivava al bar con la moto, era sicuramente un grosso Laverda col Logo tricolore sul serbatoio o un Ducati, perchè le giapponesi erano viste come guardiamo oggi gli scooter coreani. Dicevamo "non dureranno" o "chissà se esistono i ricambi"...
C'era da lavorare per tutti (o quasi), si guadagnava poco, ma ce lo facevamo bastare. Tanto era difficile spenderli, o almeno era più difficile rispetto ad oggi. Una domenica al lago con la morosa, la Fiat 124 prestata dal papà, cinquantamilalire in tasca e mi sentivo un signore.
Le festine a ballare il funky o la disco, le prime discoteche, il fratello maggiore che veniva in incognito per sentire che non ci fosse "odore d'incenso strano". La naja obbligatoria, le guardie in garrita, gli slavi al di là del confine (il muro di Berlino era ancora al suo posto, e si respirava ancora quel clima di paura verso l'est, dovuto alla guerra fredda).
Non c'erano stranieri, nè a scuola nè al lavoro. La Romania o l'Albania non sapevamo neanche bene dove fossero. Al massimo qualche africano che vendeva tappeti in giro a piedi per il quartiere.
Ricordo che "faceva effetto" sentire quell'accento strano del compagno di scuola meridionale il cui padre faceva il sottufficiale, e quel ragazzo paffuto con la peluria sui baffi già a 11 anni...
La sigla dell'Eurovisione, i "Giochi senza frontiere" o la finale di calcio giocata in qualche paese d'Europa, tutto sembrava così lontano.
Poi ho spento la tv e sono sceso in paese a farmi un giro. Pensavo al mio lavoro, alla crisi, alla cassa integrazione. Ad internet e a quante cose ha portato. Quanta informazione, quanti scambi commerciali, quanta concorrenza. Quante ditte italiane che non esistono più, e quante hanno portato "fuori" la produzione, lasciando la gente senza lavoro.
Pensavo che tutto ciò che indosso è fatto in Cina, o al massimo in Italia, ma da Cinesi. Pensavo a quanti "status symbol" abbiamo, quante cose inutili che ci circondano e quanti valori abbiamo perso, guadagnandone altri forse, ma molto diversi.
Pensavo a quanto è difficile oggi trovarsi tra amici, perchè c'è sempre qualche impedimento o qualche pippa che ci costringe a rimandare. Una volta non avevamo il cellulare ma ci si trovava tutte le sere...
Guardando in piazza tutti sti ragazzetti arroganti e maleducati col telefonino grande come una mattonella del cesso e le macchine da strafighetti mi sono chiesto: "Ma non si viveva meglio una volta?"
Mentre qualche superstite mi da la sua opinione, vado ad aprirmi un altra birra...
