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Non siamo preda di un attacco di misoginia, nessun problema con l'universo femminile: è Lei, la H-D Fat Boy Special, a evocare questa immagine nel suo tripudio di accessori Ritual&Tribal e per via della sella rigorosamente monoposto. Mischia il duro acciaio della carrozzeria con la morbida pelle delle borse e della sella.
Quello che serve c'è tutto: un bel motore, tanta gomma sull'asfalto, due fanali alogeni aggiuntivi, un navigatore di quelli seri e un bel kit audio per ascoltare la nostra musica preferita mentre cavalchiamo per mari e monti, ma anche praterie urbane.
Davanti un grande plexiglas a proteggerci dalle intemperie, di fianco solidi tubi d'acciaio a protezione del motore e delle nostre gambe. Fra gli optional montati mancano giusto un paio di manopole riscaldabili, ma ci sono anche loro nell'infinita lista degli accessori.
In sella alla Fat Boy Special si sta bene: la sella è bassa e comoda, i comandi al manubrio tutti a portata di mano, quelli a pedali molto "robusti", soprattutto la leva del cambio a bilanciere, veramente massiccia e ben rifinita. Comode anche le due pedane, ben più grandi di un 46 di scarpa: peccato che tanta comodità si paghi con un precoce sfregamento sull'asfalto durante le pieghe più accentuate.
Una volta in marcia non si può non apprezzare il V-Twin americano, qui nella sua declinazione da 103 pollici cubici, ovvero 1.690 cc. Un motore a corsa lunga, tradizionale nell'aspetto ma estremamente evoluto nella meccanica e nell'elettronica. Oltre al doppio albero a camme abbiamo anche l'iniezione elettronica, il controllo della temperatura del motore con spegnimento del cilindro verticale nelle fermate al semaforo e con alte temperature ambientali, fino ad arrivare al sistema di autodiagnosi e all'immobilizer integrato. Il cambio a 6 marce è dotato di sesta di riposo, un po' lunga da usare in città ma perfetta per i trasferimenti autostradali. Tetragona alla fatica la frizione, che richiede comunque una mano se non maschia sicuramente salda.
Il peso, in ordine di marcia, si assesta sui 330 kg, non poco ma avvertibile solo in manovra da fermo. In movimento la "Special" si muove con una certa leggiadria ed eleganza, potendo sempre contare su un motore dalla coppia inesauribile e su un impianto frenante semplice, ampio disco davanti e di altrettanto generose dimensioni dietro, coadiuvati da ABS di ultima generazione.
Le grosse gomme, un bel 140/75 all'avantreno e un 200/55 al retrotreno, entrambe su cerchi da 17 pollici, sono in grado di filtrare anche le peggiori sconnessioni dell'asfalto. Sempre all'abbondante dotazione di gomma è dovuto il "difetto" peggiore della Fat Boy, cioè la capacità di piegare come poche custom sono in grado di fare, limando abbondantemente le pedane, con un limite che non appare raggiungibile fino al consumo totale.
La forcella a steli carenati e i due ammortizzatori nascosti (la Softail ha un finto telaio rigido) appaiono più che adeguati al mezzo e alle prestazioni: ben sostenuta la prima, anche chiedendo il massimo al monodisco anteriore; leggermente secchi, sulle asperità più pronunciate i secondi. L'aspetto predominante è la dolcezza di guida, con un motore che tira fuori dalle curve in qualsiasi marcia e un impianto frenante altrettanto morbido e pastoso. La completa dotazione ci lascia pregustare lunghi viaggi: basta impostare una destinazione sul navigatore e lasciarsi trasportare. Ma, se vogliamo, questa H-D Softail Fat Boy Special sa tirar fuori anche le unghie, e che unghie!
Ci siamo divertiti a lasciarla correre sul misto stretto che da Bellano, sul lago di Como, porta in montagna, in Valsassina, e la Fat Boy, nonostante qualche grammo di acciaio perso dalle pedane, ci ha dimostrato di che pasta è fatta. Spremendo la manetta senza ritegno il V-Twin 103B si esibisce anche in apprezzabile allungo, con la tonalità di scarico che si fa gasante nonostante i castranti limiti sugli scarichi. In questi frangenti la Fat Boy va condotta in modo comunque accorto, scalando per tempo per aiutare il disco anteriore e impostando la curva in modo rotondo, sfruttando la solidità di sospensioni e telaio. La dolcezza di erogazione è poi d'aiuto nello spalancare il gas a tre quarti della curva, cosa che aiuta anche a velocizzare l'uscita dalla piega. Il tutto con un fare sportiveggiante che stupisce non poco.
Sul dritto, anche autostradale, la Fat Boy, nonostante l'ampio parabrezza, mantiene la coerenza direzionale anche a velocità che esulano dai suoi scopi e pure dal buon senso. Sempre il plexy offre un'ottima protezione dal vento, consentendo di viaggiare con buona andatura fino ai 130-140 km/h indicati, senza sentire aria, quindi casco aperto e "Hotel California" degli Eagles a tutto volume sull'audio di bordo, ottimo impianto con ingresso aux tradizionale, dotato di jack da 3,5 mm, standard per telefonini e lettori MP3.
Ma chi è l'utente tipo della Fat Boy? Certamente non il ragazzo poco più che ventenne: ci sono altri modelli di casa Harley studiati per lui, vedi la famiglia Sportster. Su una moto così ci vedo piuttosto un uomo adulto, impegnato sia socialmente sia a livello famigliare, che però vuole ritagliarsi i suoi spazi e vivere qualche momento di solitudine, fuori dal suo mondo abituale. Un'evasione che ha un costo base di 21.700 euro più gli accessori per sentirsela propria e unica. Un "value for money" interessante, soprattutto guardando alla tenuta del prezzo anche sull'usato, un investimento per la vita.
Una moto per partire per il viaggio alla ricerca di se stessi. Gli elementi ci sono tutti: musica, sella comoda, motore sornione. Manca solo il Cavaliere Solitario.
